L’infarto del miocardio è un evento acuto in cui una parte del muscolo cardiaco non riceve più un adeguato apporto di sangue e ossigeno. Questo avviene quando un’arteria coronaria si occlude in modo improvviso e prolungato, in genere a causa della rottura di una placca aterosclerotica e della conseguente formazione di un trombo.
Se l’interruzione del flusso non viene risolta rapidamente, il tessuto cardiaco coinvolto va incontro a danno permanente.
Come si sviluppa l’infarto: il meccanismo
Nella maggior parte dei casi l’infarto nasce da un processo aterosclerotico che procede nel tempo in modo silenzioso. Le placche che si formano nelle coronarie possono rimanere stabili per anni, ma alcune diventano fragili e soggette a rottura. Quando accade, il sangue forma un coagulo che può ostruire improvvisamente il vaso.
È questo blocco acuto a determinare l’ischemia (mancanza di ossigeno) e il danno del miocardio.
Sintomi principali
I sintomi possono variare, ma quelli classici comprendono un dolore toracico intenso, oppressivo o costrittivo, che può irradiarsi a braccio sinistro, mandibola, schiena o epigastrio. A volte si associano sudorazione fredda, nausea, affanno o sensazione di debolezza marcata.
Va ricordato che nelle donne, nelle persone anziane e nei soggetti con diabete la sintomatologia può presentarsi in modo atipico o meno evidente.
Fattori di rischio
L’infarto del miocardio non è un evento isolato, ma l’esito finale di un progressivo carico di rischio cardiovascolare. Alcuni fattori svolgono un ruolo più pesante:
- ipercolesterolemia, soprattutto valori elevati di LDL;
- ipertensione arteriosa, fumo di sigaretta, diabete, obesità viscerale;
- storia familiare di malattia coronarica precoce.
Sedentarietà, alimentazione poco equilibrata e stress non gestito contribuiscono ulteriormente ad aggravare il quadro complessivo.
Dopo un infarto: perché la prevenzione resta centrale
Chi ha avuto un infarto ha un rischio più elevato di presentarne un secondo. La gestione a lungo termine, definita “prevenzione secondaria”, include terapia medica prescritta, modifiche dello stile di vita, controllo dei fattori di rischio e monitoraggio cardiologico regolare.
L’alimentazione rientra tra gli elementi che possono favorire un miglior bilancio metabolico e una migliore gestione del rischio residuo, sempre in integrazione con il percorso clinico del medico.
Ruolo dell’alimentazione e dello stile di vita (visione educativa)
Dopo un evento cardiovascolare, gli interventi nutrizionali mirano soprattutto a sostenere:
- la riduzione dell’LDL e un profilo lipidico più stabile;
- il controllo dei livelli glicemici e della pressione;
- un peso corporeo adeguato, senza percorsi rigidi o estremi.
Si lavora quindi sull’aumento della qualità degli alimenti, sulla regolarità dei pasti e sull’adozione di un modello alimentare più ricco di fibre, pesce, legumi, verdura e fonti lipidiche cardioprotettive.
Queste indicazioni hanno finalità educative e non sostituiscono il piano terapeutico medico.
Quando rivolgersi al medico
Ogni sintomo sospetto deve essere valutato tempestivamente dal personale sanitario.
Chi ha familiarità, valori alterati o altri fattori di rischio dovrebbe confrontarsi con il proprio medico per definire un percorso di prevenzione personalizzato.